No agli stereotipi: consigli per una comunicazione inclusiva
Negli ultimi anni ho lavorato e osservato innumerevoli brand artigianali e ho notato che la comunicazione di tanti di loro, troppo spesso, si rifà a degli stereotipi dettati dalla pubblicità main stream, quella che vediamo nelle riviste, in tv, o affissa ai cartelloni per strada, in metro, sugli autobus.
Il problema è che, il più delle volte, i piccoli brand prendono decisioni riguardanti questo tipo comunicazione senza calcolo e senza riflessione, perché “tutti fanno così” o perché “va di moda” un certo tipo di immagine.
Cosa vuol dire usare gli stereotipi nella propria comunicazione? Vuol dire rifarsi a un immaginario condiviso riguardo determinate categorie. Per esempio, le donne devono essere magre e belle, devono sorridere, non avere un capello fuori posto, gli uomini devono essere belli, asciutti, magari mostrare gli addominali o almeno un bicipite, essere atletici e fare sport. Alle bambine piace il rosa e tutto ciò che è puccettoso, ai bambini piace l’azzurro e tutto ciò che è azione e movimento.
Gli uomini possono essere simpatici nerd, non bellissimi ma mooolto intelligenti e di solito la nerdità si nota dagli occhiali e dalla camicia a quadri.
E le donne nerd? Quando sono rappresentate (raramente) sono delle bellone “imbruttite” da un paio di occhiali. Se se li tolgono sono delle modelle!
Nelle pubblicità di questo tipo gli umani sono caucasici, normoabili, cisgender. Le donne fanno le mamme e si occupano della prole, gli uomini lavorano. Gli “anziani” sono in forma, i bambini sono adorabili. I gatti sono ubbidienti (pfffff) e i cani non abbaiano mai.
Potrei proseguire ancora ma credo di averti dato l’idea.
Anche l’artigiano che vive nella sua bottega, in un ambiente perennemente semi-illuminato, incasinato e polveroso, che è schivo e tiene per sé tutti i segreti dell’arte, che non sa niente di tecnologia e se gli dici internet ti risponde “inteche?”, è uno stereotipo. Sappiamo bene che oggi gli artigiani sono di tanti tipi, molti sono super tecnologici e tanti, come forse fai anche tu, lavorano da casa, sanno usare internet, i social, hanno la newsletter fanno tutto da soli, dalle foto alla SEO.
Il presupposto della pubblicità main stream è che la maggioranza delle persone ambiscano a incarnare degli stereotipi, visti come immagini di sé desiderabili perché rappresentanti ciò che la società considera “normalità” in questa epoca e luogo.
A volte è così, però viviamo in un periodo in cui si stanno mettendo in discussione tante cose, tra cui gli stereotipi stessi. Se c’è chi tenta di farli tornare in auge (per esempio: la donna è moglie e madre, sob), ci sono tante persone che sono stufe di doversi per forza incasellare in un immaginario in cui non si rispecchiano minimamente.
Perché tanti piccoli brand usano degli stereotipi nella comunicazione?
Sicuramente è più facile, non c’è bisogno di ragionarci troppo sopra, si ha l’impressione di essere più comprensibili e, in virtù di questa comprensibilità, di arrivare a un pubblico molto ampio.
Si crede di parlare un linguaggio comune e condiviso o che si stia seguendo una regola: le modelle devono essere alte, magre, convenzionalmente belle, altrimenti nessuno guarderà le foto e, se nessuno guarderà le foto, il messaggio pubblicitario non arriverà a destinazione.
Uno dei problemi di questo ragionamento (a parte quello di perpetrare gli stereotipi) è che, se il tuo è un brand artigianale e affermi di creare prodotti unici per persone uniche, se mi proponi delle foto con la modella bella bionda, alta magra, bella e sorridente, il tuo brand avrà una comunicazione simile a tanti altri brand, artigianali e non, che usano quel tipo di immagine. Se quando racconti il tuo brand hai in mente quel tipo di persona, una donna idealizzata, spogliata di ogni peculiarità, chi ti legge (che è già parte di una nicchia, in quanto persona pronta ad acquistare da piccoli brand indipendenti) farà fatica a immedesimarsi e credere che il tuo brand possa soddisfare il proprio desiderio di unicità.
Se non ti interessa il discorso stereotipi, almeno pensa al lato marketing: a volte basta osare una volta sola, per rimanere impressi per sempre.
Per farti capire meglio ho un esempio, che poi è stato l’ispirazione per questo post.
Sono capitata tempo fa sul profilo Instagram di Magaela, un brand specializzato in tiare e corone da sposa e altri accessori per le cerimonie. Le foto che mi colpirono furono quelle della mamma della titolare. Era vestita da sposa, coi capelli bianchi sciolti e una corona di bacche e fiori. Trovo quelle foto di una bellezza indicibile, tanto che mi venne l’impulso di comprare una coroncina solo per tenere in mano anche solo l’ombra di quella poesia.
Spulciando il profilo e il negozio di Magaela, ho notato che molte delle sue foto ritraggono donne di tanti tipi di bellezza, di età, di etnia, di taglia. A volte sono le sue clienti stesse che le mandano le foto dei loro matrimoni.
Questa rappresentazione molto varia delle donne ha, secondo me, diversi effetti: il primo, è che il suo brand mi è rimasto impresso immediatamente. Nello specifico, mi sono piaciute le foto di sua madre, dato che raramente vediamo persone anziane fare da modelle per qualsivoglia prodotto. Sicuramente oggi è più frequente di qualche anno fa, ma non è ancora abbastanza.
Un esempio: le pubblicità dei pannolini per incontinenza vedono come protagoniste donne che sembrano avere cinquant’anni e, a parte l’età più avanzata della media, corrispondono in tutto e per tutto agli stereotipi di bellezza occidentali: sono bianche, spesso bionde, magre, belle, contente.
Il secondo effetto della sua comunicazione è che rende i suoi prodotti, che sono peculiari e si rifanno a un immaginario nordico fatto di fate e folletti dei boschi, molto più reali; le foto con donne comuni aiutano a immedesimarsi negli scenari che sono rappresentati.
Il messaggio che recepisco è “non devi essere giovane, magra e bella, per avere un matrimonio da fiaba”. Le sue clienti sono donne “normali”, quindi lei usa anche foto di donne “normali” per promuovere i suoi prodotti.
L’unicità esiste nella diversità, siamo unici perché differenti l’uno dall’altro, per questo non ha senso, secondo me, pubblicizzare prodotti artigianali attraverso un’immagine stereotipata.
Sforzarsi di pensare alla diversità aiuta anche a concepire prodotti che vadano oltre le mode e le tendenze e abbiano un’utilità e un appeal duraturi nel tempo, per una nicchia specifica.
Quando crei e comunichi, pensa alle persone reali e non agli stereotipi, cerca di andare oltre la tua esperienza personale e allarga lo sguardo per comprendere le persone di etnie diverse dalla tua, di religioni diverse, di orientamenti sessuali diversi, di abilità diverse, di età diverse, di forme diverse.
E ricorda sempre che una società inclusiva passa anche dal tipo di comunicazione che fai TU, col tuo piccolo brand artigianale.
Questo post è tratto dalla mia newsletter del 25/10/2018. Iscriviti subito per ricevere le prossime newsletter!