L’artigiano salva la vita. Può sembrare un’affermazione estrema, ma di sicuro l’artigianato può riscattare un’esistenza. Ci sono
studi che spiegano come l’attività manuale di creazione (pittura, maglia, uncinetto, fotografia, ecc.) porti benefici simili a quelli della meditazione, aiuti a combattere l’ansia e a gestire lo stress post-traumatico. Quando si crea un oggetto, ci si perde nel gesto e nel momento, il mondo sparisce e si entra nel
flusso, quello stato di coscienza in cui si è in perfetta sincronia con sé stessi, le proprie azioni e le proprie intenzioni.
Se hai creato qualsiasi cosa in vita tua, anche solo per hobby, lo sai benissimo: è rilassante e gratificante e la soddisfazione del vedere un oggetto nascere dalle nostre mani non è paragonabile ad altri tipi di lavoro.
Aggiungi, a questa gratificazione, la consapevolezza di far parte di una comunità generosa, in cui l’aiuto non va mendicato ma anzi viene dato con gioia, et voilà, la mia prima affermazione potrebbe non sembrare più così estrema: l’artigianato può salvare la vita, dalla disperazione di sentirsi inutili, dall’angoscia di non sapere come impiegare le proprie mani, dal buco nero dei ricordi di tragedie personali.
Premessa
Quando ho aperto il mio negozio su Etsy, nel 2010, venivo da un periodaccio. Il lavoro andava male, la crisi imperversava, la situazione politica mi faceva sentire in forte disagio e la fiducia negli esseri umani era ai minimi storici. Venni poi in contatto con l’Etsy Italia Team, la comunità italiana su Etsy, piattaforma di vendita dell’handmade.
Sottovalutiamo troppo spesso il potere di una parola gentile e l’effetto che un consiglio disinteressato, dato per generosità, può avere su un’altra persona. Nel mio caso, nel giro di pochi mesi, grazie all’aiuto di artigiani di tutta Italia, ho potuto mettere in piedi il mio negozio online, avviarlo alla vendita in tutto il mondo e presto mi sono sentita rinascere a nuove speranze per il genere umano. Non tutti sono stronzi e approfittatori, non c’è solo odio in questo mondo!
Negli anni in cui ho partecipato alla vita della community su Etsy, ho sentito tante storie simili alla mia, di persone che arrivavano sfiduciate e depresse e ritrovavano l’entusiasmo e la speranza, grazie al fatto di trovarsi in un ambiente in cui l’interesse del singolo coincideva con quello della comunità, e viceversa.
A pensarci, non si faceva chissà che: si condividevano le esperienze inerenti la vendita online, ci si aiutava a vicenda, si rideva, ci si incontrava dal vivo, quando possibile; non si era concorrenti ma colleghi, tutti sulla stessa barca, tutti a cercare di traghettare un sogno dal pantano dell’hobbismo alla terra ferma (anche se spesso piena di pozze e buche) di un’attività artigianale a tempo pieno.
Eppure, non si faceva solo quello: si stava insieme, seppure in un luogo virtuale, in un modo diverso, un modo che parlava al bisogno profondo che tutti abbiamo, di essere capiti e aiutati, anche da chi non ci conosce. Perché una mano tesa non si nega a nessuno e una parola gentile ti cambia il modo di guardare il mondo.
Dal 2010 al 2016, anno in cui ho lasciato la gestione della community alle nuove leve, ho toccato con mano quanto gli artigiani sappiano essere generosi: abbiamo organizzato eventi grazie al solo aiuto della community (Craft Camp 2013), abbiamo fatto raccolte fondi per le più svariate catastrofi in Italia e all’estero (
terremoto dell’Emilia,
devastazione delle Cinque Terre,
crisi della Grecia, per citarne alcune) e per piccole tragedie personali (come quando il fidanzato in Erasmus di una collega è stato derubato del computer con la tesi e abbiamo raccolto in pochissimo tempo i soldi per permettergli di ricomprarselo).
Perché una mano tesa non si nega, mai. Trovarsi in difficoltà è già tragedia di per sé, trovarsi in difficoltà da soli, come singoli o comunità, è terribile e non si può augurarlo a nessuno.
Tutta questa premessa per farti capire l’humus da cui è nato il progetto Calabria Artigiana (nome provvisorio) che ho avviato insieme ad altre artigiane, calabresi e non.
Insieme si possono raggiungere risultati che da soli sarebbe impossibile anche solo sognare, la generosità è umana e va coltivata, una mano tesa non si nega a nessuno, la gentilezza ti cambia la vita, l’artigianato fa bene all’anima, perché porta con sé storie e vite, racchiuse nei gesti ripetitivi e precisi in grado di placare ansie e sofferenze di chi crea e di chi sa guardare l’oggetto e riconoscerne il valore.
Nascita del progetto Calabria Artigiana (nome provvisorio)
A settembre 2017
Adele, una mia cliente calabrese, mi scrisse per raccontarmi di Riace. Non lo conoscevo, eppure era già famoso nel mondo; ne rimasi colpita e mi feci un appunto per fare qualcosa, lì, con gli immigrati che avevano aperto delle botteghe artigiane.
Ad agosto 2018, finalmente mi venne
l’idea (perché ci metto sempre un po’ a elaborare e ogni progetto ha i suoi tempi di gestazione), ovvero di
fare dei corsi di formazione per insegnare agli artigiani di Riace a vendere online.
Dal confronto con Adele, nacque l’ulteriore idea di fare i corsi anche per gli artigiani locali che vivono in posti spesso remoti e fuori da ogni rotta classica dei corsi di formazione. Detto fatto, ci siamo messe al lavoro, abbiamo stilato il progetto, anche con l’aiuto di Turi, padre di Adele e da sempre attivo sul territorio, tra SPRAR e associazionismo.
Abbiamo deciso di incontrarci a Bivongi, dove vive Adele, per un weekend. Lo scopo era quello di conoscerci dal vivo, sondare l’interesse per il progetto presso artigiani e realtà a contatto con gli immigrati e stilare un piano di azione. Manco a dirlo, proprio appena abbiamo fissato la data (8-11 novembre 2018) e preso il volo, è scoppiato il caso giudiziario del sindaco di Riace.
A ridosso della partenza abbiamo capito che sarebbe stato difficile sia incontrare Mimmo Lucano che gli artigiani di Riace, ma Adele si è subito attivata per procurarci degli appuntamenti nei paesi vicini. Abbiamo quindi scoperto che quella zona è casa di tanti progetti che riguardano l’artigianato per l’integrazione degli immigrati, di cui Riace è stato capostipite. Lo scopo si è quindi allargato: non più Riace ma tutta la zona e, perché no, tutta la Calabria, per creare una rete fatta di artigiani immigrati e calabresi, e altre figure professionali, che possano sostenersi l’un l’altro e aiutarsi vicendevolmente nel percorso di professionalizzazione e digitalizzazione della propria attività.
La visita nei paesi della Locride
Il weekend dell’incontro è arrivato e passato e io sono qui a raccontarti come è andato.
Io,
Laura e
Silvia (ci siamo conosciute nell’Etsy Italia Team) e Claudio, marito di Laura, siamo arrivati in Calabria, dove abbiamo incontrato Adele, Bivongese DOC e
Ilaria, di Locri, nostri punti di riferimento sul territorio.
Innanzitutto, abbiamo scoperto che quelle terre sono ricche di tradizioni legate all’artigianato: l’allevamento del baco da seta, la tessitura della ginestra, la lavorazione del ferro e del legno, senza contare le tradizioni culinarie.
Queste tradizioni vanno scomparendo pian piano, insieme agli anziani di questi paesi. Mantenerle in vita vuol dire tenere in vita una comunità, che intorno a queste tradizioni si incontra: andare a fare la ginestra lungo il fiume, filare insieme la seta raccolta dai bachi, o anche solo fare la vendemmia, non è un vano tentativo di mantenere in vita una cultura artigiana e contadina desueta e anacronistica ma permettere alle persone che vivono in questi luoghi di continuare a intrattenere relazioni tra loro e tra loro e i nuovi arrivati, che, molto spesso, arrivano dall’Africa, dalla Siria, dal Pakistan, o anche semplicemente da altre parti d’Italia e del mondo.
Questi paesini della Locride pascolano semi-abbandonati tra i monti, con le case che cadono a pezzi, perché non sono più abitate da decenni; sono spopolati dall’emigrazione perpetua dei giovani paesani, che, da oramai più di cent’anni, continuano a cercare fortuna in nord Italia, nord Europa, America, Australia.
Camini è l’esempio perfetto di quanto ho appena scritto: meno conosciuto di Riace, è un paesino di qualche centinaio di abitanti che, grazie agli immigrati, è tornato a vivere. Le case sono state aggiustate, sono state aperte botteghe e un laboratorio d’infanzia, vengono festeggiati matrimoni e, tutti insieme, italiani, siriani, nigeriani, ucraini, si fa la vendemmia e la trebbiatura.
I prodotti della terra vengono messi sottolio o sottaceto, i prodotti delle mani vengono venduti ai turisti. Camini è casa della coperativa
Jungi Mundu (
Unisci il mondo, in dialetto locale) che da anni si prodiga per l’integrazione di queste persone che fuggono da guerre e fame; imparano l’italiano, possono contare su un supporto continuo e imparare dei mestieri utili alla loro futura sopravvivenza, che sia in Calabria o altrove.
Riace invece, è stata una visita triste: i laboratori sono chiusi per ingiunzione della magistratura, gli immigrati che li gestivano sono sull’orlo della partenza o già andati altrove. A Riace si respira un clima di attesa, tutti aspettano di sapere il destino del sindaco per capire come andare avanti e come. La vitalità che si incrocia è spesso quella portata da gente di fuori, che va a Riace per i più svariati motivi. Creare un’installazione o cercare segni dell’accoglienza che tanto l’hanno resa famosa nel mondo.
A Bivongi e Stilo è forte il senso del territorio e della tradizione; ci sono associazioni per recuperare gli antichi saperi, grazie agli anziani ancora in vita che insegnano ai pochi giovani desiderosi di perpetuare tecniche artigianali che, un tempo fonte del benessere locale, ora rischiano di essere dimenticate. Chi ha voglia di lasciare gli steli di ginestra un mese in ammollo nel fiume prima di poterli filare e tessere? O di allevare i bachi per poi vederli morire, tra la puzza e il filo, per trarne la seta? L’artigianato ha i tempi lunghi della pazienza contadina e poco si confà alle frazioni di attimo che fanno la cadenza del nostro vivere moderno. È possibile conciliare questo modo di vivere e creare con il web, la vendita online, i social? È il tentativo che dobbiamo e vogliamo fare, per permettere a queste terre di prosperare al di fuori dell’assistenzialismo statale ed europeo.
La riunione
Sabato, alla riunione, eravamo una trentina, tra artigiani (locali e immigrati), operatori di cooperative e altri creativi interessati al progetto. Siamo stati ospitati dalla
Fondazione Furina, un luogo di arte e di incontri, posto ideale dove iniziare a tessere le prime righe di questo progetto. La fondazione è gemellata con Perth e nella sua galleria sono esposti quadri di artisti italiani e artisti australiani che, negli anni, sono andati a Bivongi, ospiti della piccola ma fiorente comunità intellettuale.
Dopo esserci presentate e avere illustrato il progetto, abbiamo raccolto i pareri: tutti si sono mostrati entusiasti e interessati. Immagino che abitare sulla punta dello stivale possa portare a sentirsi soli ed emarginati, abitare in un paesino tra i monti e il mare può portare i creativi di quelle zone a pensare di essere strani e fuori luogo. Fare rete, incontrarsi e parlarsi serve anche a questo, a creare una mappa di anime affini con cui discutere di tecniche artigianali, materiali, problemi di vendita, clienti che storcono il naso per il prezzo troppo alto, e con cui aiutarsi a vicenda nei momenti di difficoltà, che sia il difficile reperimento di un materiale o un attrezzo o per le tribolazioni riguardanti la vendita di artigianato, che a volte sembrano più numerose delle gioie.
Ognuno si è presentato, in italiano o in inglese o anche in pakistano, a seconda della provenienza, ha raccontato qualcosa di sé; abbiamo applaudito timidezze e sfoghi e abbiamo concluso il pomeriggio felici di esserci trovati e, in qualche misura, riconosciuti.
Prossimi step
E quindi, ora che si fa?
Abbiamo aperto un gruppo Facebook per far restare in contatto le persone venute alla riunione e abbiamo creato una newsletter per chi, anche da lontano, vuole seguire il progetto. Stiamo cercando un nome adatto, dopodiché creeremo la pagina Facebook e quella Instagram.
Infine, vogliamo creare una raccolta fondi, per finanziare sia i corsi (i professionisti che si presteranno ad insegnare vanno pagati!) sia l’acquisto di eventuali materiali o macchinari utili agli artigiani per lo svolgimento della propria attività.
I corsi saranno teorici e pratici e riguarderanno la progettazione del prodotto, la fotografia still life, la vendita online, la comunicazione del brand e il marketing, e partiranno dal prossimo febbraio 2019.
Inizieremo presto la selezione degli artigiani interessati a seguire i corsi, che dovranno essere motivati e con delle competenze spendibili nella creazione di un prodotto, se non in possesso di un prodotto definito vero e proprio. Vogliamo partire in piccolo e poi semmai aggiungere altre iniziative accessorie, però ci sembra importante iniziare al più presto, visto il clima che si respira nel paese.
Può sembrare una goccia nel mare, questa piccola iniziativa, ma noi speriamo faccia la differenza anche solo per una persona. Speriamo, inoltre, ispiri altre persone a muoversi sul proprio territorio e creare progetti, anche microscopici, per resistere al clima razzista, sessista, divisivo, intriso di odio e paura che imperversa nel nostro paese e che rifiutiamo categoricamente. C’è bisogno di ognuno di noi, ogni singola persona conta. E se ti viene da pensare “tanto non cambierà niente”, ricorda:
Insieme si possono raggiungere risultati che da soli sarebbe impossibile anche solo sognare, la generosità è umana e va coltivata, una mano tesa non si nega a nessuno, la gentilezza ti cambia la vita, l’artigianato fa bene all’anima, perché porta con sé storie e vite, racchiuse nei gesti ripetitivi e precisi in grado di placare ansie e sofferenze di chi crea e di chi sa guardare l’oggetto e riconoscerne il valore.
Ricevi aggiornamenti su questo progetto iscrivendoti a questa newsletter, ti daremo presto nostre notizie!
Alcune foto delle giornate