Farsi pagare il giusto, riflessioni.

Oggi ti voglio parlare di farsi pagare il giusto. E quant’è il giusto? dirai tu. Eh già, per qualche motivo per noi italiani (e noi donne più degli uomini) parlare di soldi è quasi una cosa disonorevole o sporca o di cui vergonarsi. E perché? Lasciando stare l’approfondimento storico-cultural-sociologico, che davvero è al di fuori delle mie possibilità, non posso che passare al confronto con altri modi di vivere il business, ovvero il modo americano, con cui mi confronto da quando ho aperto il negozio su Etsy.

Siamo tutti cresciuti coi film made in USA, tutti abbiamo in mente almeno un protagonista di una storia di riscatto, gente che dalla straccionaggine passa a creare imperi, passa ai soldoni veri, ma per noi è un mondo lontano, quasi alieno. Ti sei mai fatta la domanda: perché per loro è possibile e noi no?

La storia che ci raccontiamo è che qui è tutto più difficile e la burocrazia e la pesantezza e le tasse e l’italianità e i raccomandati e sì, è vero, ma non è solo quello. Secondo me abbiamo anche paura di chiedere i soldi che ci meritiamo, quindi si entra in un circolo vizioso a spirale discendente per cui veniamo pagati sempre di meno.
Quando stavo organizzando Creativi in rete nel 2017 (non più fatto perché il crowdfunding non è andato a buon fine, sob), ho fatto la pazzia e ho contattato una super-personalità mondiale del marketing (non ti dico chi è e non scrivermi per chiederlo, muta sono), per invitarlo a fare una talk all’evento.
Nella mia beata ingenuità immaginavo volesse dei soldi, tanti, ma per me tanti era una cifra che non andava sopra i quindici mila euro. Si tratta solo di una talk, right? E poi il piacere di venire in Italia! Vieni, magni, ti godi le bellezze italiane, che vuoi di più???
Insomma, speravo, vanamente, come vedrai, pensasse di farsi una vacanza con intermezzo quasi-lavorativo.
In realtà non credevo nemmeno mi rispondesse e invece, taaac, ha risposto cortesemente e in tempi brevissimi (qua potrei aprire lunga parentesi sulla differenza tra personalità americane e italiane, ma non lo farò).
Lo shock è arrivato quando ho letto il suo compenso: novantacinque mila dollaroni (95.000$) più viaggio in prima classe, perché per arrivare dall’America avrebbe dovuto stare via diversi giorni, il tutto per un totalone sui cento mila dollari (100.000$). Per una talk di mezz’ora, toh, un’ora al massimo! Pure col cambio favorevole dollaro-euro, lo svenimento a leggere una tale cifra è comprensibile.

Ammetto di aver pensato: “Ma cacchio, sei già super famoso, hai davvero bisogno dei nostri soldi???”. Poi però mi sono auto-ripresa, perché questa è la mentalità che spesso mi ritrovo a denigrare con le amiche freelance e micro-imprenditrici, la mentalità di quelli che non vogliono pagarti o vogliono darti di meno perché “E perché vuoi proprio i soldi miei?? Già che ti ho fatto l’onore di darti lavoro, accontentati!”, come se il lavoro fosse una forma di volontariato, un pagamento in sé e per sé, come se i soldi sì, ok, ma non troppi, perché il troppo stroppia, come se l’esperienza accumulata, gli anni di lavoro alle spalle, le capacità, tutto ciò non contasse niente.

Questa personalità è un esperto mondiale, ha pubblicato tantissimi libri che hanno fatto la storia del marketing e quindi il suo tempo vale molto. Vale più del mio, del tuo e di qualsiasi esperto italiano del suo settore, vale così tanto che pochi possono permetterselo, vale perché quando lui apre bocca a una conferenza o scrive due righe sul suo blog, quello che sentirai o leggerai avrà sicuramente un effetto su di te, ti aiuterà in qualche aspetto del tuo lavoro e non è proprio come sentir parlare un esperto qualunque.

E quindi sì, dopo lo shock, ho capito che fa bene a farsi pagare così tanto, quella è la cifra giusta da sborsare per avere lui e non un altro a un evento.
Certo, noi quei soldi non ce li avevamo, ma questa è un’altra storia.

Ora passiamo a te, che stai lì a torturarti quando devi alzare i tuoi prezzi di due euro: lo so che capire il prezzo “giusto” è un casino e le formule non bastano e le insicurezze sono tante, però pensa che:
1) Il prezzo che fai oggi può non essere il prezzo che farai domani, quando avrai migliorato la tua tecnica, avrai acquisito esperienza, e potrai farti pagare di più.
2) Pensa a ciò che hai da offrire TU rispetto a tutti gli altri e fai pagare la tua differenza, la tua diversità, quello che tu hai e i tuoi concorrenti no.
3) Cerca di capire in maniera obiettiva qual è il valore che i tuoi clienti danno tuo brand e ai tuoi prodotti, non svalutarti, non sopravvalutarti, se guardi quello che fai e ciò che vedi non ti piace, migliora e continua a guardarti con gli occhi di chi non ti conosce, ma potrebbe voler acquistare da te, solo così riuscirai davvero a capire qual è il prezzo giusto.

Il prezzo è un viaggio e un racconto, fai in modo che questo viaggio ti porti dove vuoi andare: quanto vuoi guadagnare tra un anno? E due? E tre? E dieci?
Fai in modo che il prezzo racconti la giusta storia sul tuo brand: per chi crei? Che storia narrano i tuoi prodotti?


Twitta: Il prezzo è viaggio e racconto: fai che ti porti dove vuoi arrivare e racconti la storia giusta sul tuo brand. Da: http://bit.ly/2s60BDP

E se ti stai dicendo, io non ho niente da offrire di diverso o di più degli altri, chi sono io, e blablabla, ti rispondo solo LAVORA SODO, crea prodotti che non ci sono ancora, comunicali in maniera unica, costruisci un brand che si distingua!

 
Intanto che fai queste riflessioni, puoi usare uno dei miei fogli di calcolo per fare il prezzo, così avrai una base da cui partire; e come sempre, se da sola non riesci, fai un fischio, che ti aiuto io.

 



Questo post è tratto dalla mia newsletter inviata il 9 febbraio 2017.