L’importanza del packaging per la pizza (e non solo)
Qua dalle mie parti ci sono le pizzerie al taglio. Vai, ti prendi un rettangolo di pizza e ci fai merenda o ci pranzi. Costa poco (1€ al pezzo), è buona, ti risolve la giornata quando hai fretta. Ci sono sempre state e il rito della pizza a merenda risale alla mia infanzia (no, lo street food non è roba recente).
Qualche tempo fa, prima di scoprire di essere intollerante al glutine* (sic) cedetti alla pigrizia e andai a prendermi due pezzi di pizza per sfangare il pranzo senza fatica. Andai, scelsi, notai che la tizia che serviva era un po’ in affanno perché da sola a fare tutto (sfornare, tagliare, servire, incassare), presi i miei due pezzi. La tizia me li incartò nella carta oleata, me li porse, io salutai e feci per metterli nella mia shopper MA! scivolarono via dalla carta e finirono immancabilmente a terra davanti ai miei piedi. Rimasi con la carta in mano per almeno dieci secondi, lanciando parolacce a caso, poi raccolsi gli sfortunati pezzi di pizza e rimasi lì indecisa tra: lanciarli alla tipa, buttarli, reincantarli e portarmeli a casa.
(Sì, me li portai a casa. U_U).
Mentre fumavo dalle orecchie e camminavo verso casa. riflettevo su quanto il packaging sia importante. Bastava incartare meglio quei pezzi di pizza per evitare la sciagura, un piccolo gesto che avrebbe fatto la differenza. Usare un pezzetto di scotch o un pezzo di carta più grande, o un vassoio.
Quando impacchetti i tuoi prodotti quindi, cerca di pensare anche alla funzionalità del packaging oltre che all’aspetto estetico: l’oggetto deve essere protetto, se la busta o la scatola per qualsiasi motivo si apre o si rompe, il tuo packaging deve rimanere integro e proteggere il suo contenuto. Usa piccoli accorgimenti per evitare catastrofi ai tuoi clienti, ti ameranno per questo!
* Quanto mi manchi, pizzah! Y__Y
Il dove è meno importante del cosa e del come
Quando vado a Perugia dalle mie amiche del LabLab, a volte a fine serata andiamo a fare l’aperitivo dai loro vicini, che hanno messo su una vineria niente male. Me ne avevano parlato bene da tanto, ma la prima volta che ci mesi piede rimasi piacevolmente colpita: non è un locale che ti aspetti in periferia, in una viuzza anonima e decisamente poco fashion.
E invece: musica jazz, stampe di foto in bianco e nero alle pareti, clientela decisamente hipstero-fighetta. I gestori gentilissimi e preparati sui vini. Piatti semplici creati ad arte con prodotti di alta qualità della zona e non. Un locale che non sfigurerebbe a Milano, per dire, e che non ti aspetti di trovare proprio in quel quartiere di una città di provincia umbra.
La lezione che mi sono portata a casa è: non importa dove scegli di installare la tua attività, l’importante è essere competente e offrire qualcosa che abbia un seguito; se sei “fuori mano” dovrai solo faticare un po’ di più per portare la gente da te ma una volta che si innesca il passaparola, farai sempre il pienone, proprio come i ragazzi del Vino Garage.
Stroncare o dare supporto incondizionato?
Tempo fa ho guardato Florence Foster Jenkins, il film con Meryl Streep e Hugh Grant, sulla vita del soprano più stonato mai vissuto. Il film mi è piaciuto molto, ho riso e pianto, passando dal: “ma perché nessuno le dice che è un campanaccio???” al “tutti dovrebbero avere mariti, mogli, amici o figli come St. Clair Bayfield, almeno una persona pronta ad incoraggiare e credere in te a qualsiasi costo”.
A film finito rimasi incastrata nel mezzo di questi due dubbi: è meglio essere sinceri e dire a una persona che non ha talento, nonostante ce la metta tutta, o supportarla incondizionatamente, a costo di provocare false speranze?
Mi sono fatta questa domanda molte volte davanti al lavoro di crafter che, a prima vista, non sembrerebbero affatto promettenti. Però poi mi dico, chi sono io per dire a qualcuno che no, non può farcela? Se penso a quando ho iniziato, alle robe bruttine che facevo… in fondo c’è sempre margine di miglioramento e a volte serve solo qualcuno che ti dica che sì, sei bravissima.
Il fatto è che non importa quanto tu sia pessima ora in una particolare area, non solo è possibile migliorare, è anche possibile eccellere.
Quindi, per quanto mi riguarda, scelgo la strada del supporto incondizionato per gli altri, e la severa autocritica per me stessa. Non voglio illudere nessuno ma nemmeno evitare di dare delle possibilità.
Come Florence, possiamo essere ridicolmente coraggiose, portare le nostre passioni sull’orlo di indicibili stonature, cadere rovinosamente ma uscirne felici e soddisfatte, perché, anche se facciamo ridere i polli, almeno facciamo quello che amiamo.
NB. Questo post è estratto dalla newsletter inviata il 26 gennaio 2017.
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