Storytelling e social, esempi e casi studio

Il 22 settembre 2017 ho partecipato al convegno di Filo lungo filo, organizzato dall’Associazione Amici della scuola Leumann. Ho raccontato storie di artigiani che usano i social per raccontare il proprio prodotto e lo fanno così bene da avere un grande successo di vendite in tutto il mondo. Qui sotto trovi le slide e la versione estesa del mio intervento:

Jonathan Gottschall, nel suo libro The storytelling animal (in italiano: L’istinto di narrare), scrive:

“Gli umani sono creature fatte di storie, quindi le storie toccano praticamente ogni aspetto della nostra vita” 

 

ed è per questo che lo storytelling è uno strumento di marketing molto importante per attività piccole e grandi. Basta guardare la tv e notare come la maggior parte degli spot siano delle narrazioni di storie che riguardano sia il prodotto che le aspirazioni, sogni o problemi dei potenziali acquirenti. (slide 2)

La prima storia che voglio raccontarti è quella di SuperDuper Hats, un’azienda toscana fondata da tre artigiani. Grazie allo storytelling e ai social, i tre giovani imprenditori sono riusciti a emergere e creare una realtà riconosciuta a livello internazionale. SuperDuper Hats è un brand nato quasi per caso, dalla passione dei suoi fondatori per i cappelli. Quando hanno ricevuto in regalo delle forme hanno iniziato a crearli per curiosità, hanno poi approfondito con studio di materiali e tecniche per arrivare poi a vendere.
Il racconto quotidiano sui social della loro storia, molto particolare, del loro percorso di apprendimento e delle fonti di ispirazione per la creazione dei modelli e delle collezioni, ha portato alla formazione di una comunità di appassionati che li seguono assiduamente, in tutto il mondo. Hanno così raggiunto mercati molto lontani, come il Giappone, grazie al passaparola virtuale. (slide 3)

Dalla loro esperienza possiamo vedere come il binomio storytelling e social possa aiutare a raggiungere un pubblico, anche di nicchia, in tutto il mondo, a cui è possibile far percepire il valore del lavoro artigianale dietro al prodotto, grazie al racconto delle tecniche e dei materiali usati. Questo racconto serve anche, in caso di primo contatto con un pubblico nuovo, a distinguersi dai prodotti industriali e farsi notare tra i concorrenti.
Per gli artigiani italiani è particolarmente importante far emergere, con lo storytelling sui social, il collegamento al territorio e alla cultura locale o italiana, dato che questo fattore, soprattutto per il pubblico internazionale, è molto rilevante.
Infine, grazie alla natura quotidiana dell’interazione, si può proiettare il prodotto nella vita dei possibili acquirenti, che saranno così più invogliati a comprare. (slide 4)

Per il Made in Italy, spesso fatto di prodotti dalla lunga lavorazione con tecniche tradizionali e quindi molto costosi, è ancora più importante contestualizzare il prodotto in una storia che i possibili acquirenti possano fare propria. (slide 5)

In questo senso, storytelling non vuol dire raccontare le storie che i clienti si vogliono sentire dire, o semplicemente delle belle storie riguardanti il prodotto, ma selezionare e raccontare storie relative al brand, che risuonino in maniera particolare nella vita dei possibili acquirenti. (slide 6)

Lo storytelling, per SuperDuper Hats e per gli altri artigiani di cui leggerai più avanti, serve a raccontare storie di esclusività, per la natura di nicchia dei loro prodotti, sono storie condivise dal loro pubblico, perché parlano di aspirazioni ed emozioni che fanno parte della loro vita.
Tutto ciò si può fare, come vedremo, con testi, foto o video. (slide 7)

I risultati che i social permettono di ottenere sono di avere un feedback immediato dal pubblico, che può portare a modificare prodotti esistenti o crearne di nuovi; aiutano a creare una relazione con i propri follower, all’interno della quale alcuni fattori, che di solito sono indicati dagli artigiani come problematici, come il prezzo, la distanza geografica o la lingua, si assottigliano e sfumano a favore di un aumento del valore percepito del brand e dei prodotti.
I fan entrano nella vita del brand e viceversa; questo non succede con altri tipi di marketing e non era possibile prima dei social. (slide 8)

Torniamo a Superduperhats: grazie ai feedback ricevuti dai clienti giapponesi, hanno scoperto che questo mercato ha delle esigenze particolari, ovvero un grande bisogno di versatilità. Hanno quindi creato una linea di cappelli modulabili adatti ad ogni occasione, che poi hanno venduto online con grande successo.
È quindi importante non sottovalutare le capacità dei social di raggiungere mercati molto lontani e con esigenze diverse da quelle che noi italiani potremmo immaginare e che hanno bisogno di prodotti adatti a soddisfarle. (slide 9)

Il prossimo esempio è quello dei Fratelli Levaggi, una ditta artigiana ligure che dagli anni ’60 produce sedie completamente a mano.
Guardando i loro social, leggendo i loro post, è possibile capire che tipo di storie sono alla base della loro comunicazione, ovvero storie che parlano di Made in Italy, eleganza (si può capire dalle foto ambientate), territorialità (il loro prodotto principale è la sedia chiavarina, tipica di Chiavari), (slide 10) tradizione (raccontano come nascono le loro sedie grazie a foto e video di persone a lavoro; è chiaro che sono sedie fatte a mano, create con gli stessi strumenti usati nel 1800, quando la sedia chiavarina è nata), (slide 11) artigianalità (mostrano i dietro le quinte della produzione, con persone al lavoro e racconti del processo di progettazione).
Questa comunicazione ha portato i fratelli Levaggi a vendere le loro sedie in tutto il mondo. (slide 12)

Un altro caso interessante è Ariele Alasko, una scultrice e artigiana americana che crea e vende suppellettili in legno, come cucchiai, ciotole, pennelli, taglieri, che vanno dai 200$ in su. Guardando i suoi social, che storie  racconta? (slide 13)

La natura è sempre molto presente, sia per i materiali che usa sia per il suo stile di vita ed è un elemento che le serve per far comprendere l’origine delle sue creazioni. Con i suoi work in progress e le spiegazioni di come i suoi pezzi nascono racconta storie di e arte e di esclusività, tanto che i suoi pezzi unici sono sempre sold out. (slide 14)

L’ultimo esempio è CrossingThreads, un duo di tessitrici australiane, due sorelle, che fanno creazioni artistiche tessute a mano. Nella loro comunicazione c’è spesso la condivisione dell’elemento umano, raccontano loro paure, successi, incertezze. Questo aiuta a creare un legame emotivo con il proprio seguito, che va oltre il semplice rapporto commerciale e, per questo, ha molta più valenza e durata. (slide 15)

In un post in cui una delle due racconta l’origine e l’ispirazione di un suo pezzo, nato da un periodo travagliato, i commenti e le interazioni sono molto più alte dei post precedenti e successivi, perché i loro follower sono stati coinvolti e hanno partecipato alla discussione. (slide 16-17)

Quanto detto esposto finora mi porta a dire che è tempo di cogliere le opportunità che i social danno agli artigiani e iniziare a raccontare le storie rendono le creazioni italiane uniche nel mondo. (slide 18)

Per concludere su questa nota, voglio fare una citazione dal libro Raccontare il Made il Italy di Marco Bettiol (da cui ho preso alcune delle informazioni esposte in precedenza):

“È proprio da una prospettiva globale che gli elementi che contraddistinguono il Made in Italy come artigianalità, autenticità, estetica e tradizioni culturali assumono significato. Ma vanno raccontati affinché il consumatore, soprattutto internazionale, possa apprezzarli” 

 

(slide 19)

Fin





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