Strategia di vendita per artigiani, un caso studio
Torno a scriverti con alcune riflessioni, scaturite dalla lettura di un approfondito caso studio e dall’esperienza di lavoro con diverse decine di brand durante la consulenza 2 mesi .
Ho oramai capito che uno dei problemi principali dell’attività artigianale è trovare il giusto equilibrio tra pezzi unici e pezzi riproducibili, con conseguenze di gestione dei prezzi in accordo a questa scelta.
Non è scontato né facile districarsi, per almeno due motivi:
- Vendere online vuol dire eseguire una serie di attività (foto, SEO, descrizioni, promozione) per ogni prodotto caricato sul proprio negozio, attività il cui costo (monetario o in termini di ore spese) deve essere considerato nel prezzo finale dei prodotti, che siano pezzi unici o riproducibili.
- La linea sottile tra artigianato artistico e artigianato tout court (creazione di prodotti anche con macchinari e quindi in serie più o meno limitate) il famoso modello di business, ovvero, come pensi di fare entrare i soldi della tua attività.
Molti artigiani non hanno questi due punti chiari in testa e navigano a vista; ci sta, all’inizio bisogna farsi le ossa. A un certo punto, però, bisogna prendere delle decisioni, anche in modo azzardato a volte, e raddrizzare il tiro in modo da rendere l’attività sostenibile. Cosa farai tra due anni? E tra cinque?
Il caso studio di cui ti parlavo non riguarda un brand artigianale, ma, secondo me, alcune riflessioni possono trasporsi anche nel nostro mondo. Lo studio è stato fatto sul marketing di Supreme, che oramai da trentanni è sulla cresta dell’onda e che, anche grazie all’ottimo lavoro sui social, ha aumentato esponenzialmente il fatturato, pur mantenendo il modello di business degli inizi.
Per farla breve (se vuoi leggerti tutto il caso studio lo trovi qui, in inglese), loro puntano sull’esclusività e sulla scarsità, concetti chiave che permeano tutta la loro comunicazione, dal sito, ai social alla newsletter. I loro capi sono tutti a edizione limitata e, una volta finiti, sono finiti per sempre, tanto che vengono rivenduti in seguito a decine di migliaia di dollari. Fanno aggiornamenti del negozio online e offline sempre nel solito giorno e alla solita ora e non si sa mai cosa metteranno in vendita. Tengono i propri fan sul chi va là, non li bombardano di informazioni né call to action, semplicemente, si fanno desiderare.
Desiderio, quindi, è il terzo concetto chiave della Supreme: desiderare i capi ma anche desiderare di far parte di un club esclusivo, di un gruppo di fortunati, è ciò che muove gli appassionati del brand.
Spero che leggerai il caso studio e che ti smuoverà qualche neurone. So che i consigli inclusi lì non sono tutti attuabili per la tua attività, perché non siamo in America e se si è dei piccoli artigiani è impensabile implementare certe strategie (oh, se Lady Gaga ti si fila, tanto meglio!!!), però riflettevo che mi sembra tutto molto più sensato rispetto a cercare di fare come i brand di produzione di massa, che puntano sul prezzo basso, sulle 52 collezioni all’anno, sulla tempesta di pubblicità. No?
Questo post è tratto dalla mia newsletter del 6/6/2019.