Equilibrio e social media per piccoli brand
Torno a parlare dello stare online, che per noi brand/persone è spesso parte importante della quotidianità.
Ho già scritto in passato su questo tema, suscitando reazioni variegate; trovi le precedenti riflessioni qui e qui.
Riassumendo le puntate precedenti: mi interrogavo su come rendere sostenibile l’utilizzo dei social e sul futuro di questi, in relazione ai piccoli brand e della gestione del tempo; di se e quanto sia giusto “brandizzare” (passami questa brutta italianizzazione) la propria vita, in ogni aspetto, per promuovere la propria attività. Di se e quanto sia etico cercare di far stare i propri fan e follower attaccati ai social a guardarci fare cose, per più ore possibile.
Non avevo risposte definitive, solo un disagio, emerso negli ultimi anni, che, ho scoperto, è condiviso da tante persone: stare troppo sui social ci fa provare un senso insoddisfazione e a volte di inadeguatezza, per vari motivi.
Abbiamo la sensazione di fare ma senza fare davvero e, spesso, a farne le spese, sono proprio il nostro lavoro e la nostra vita. Entrambe si consumano in azioni sterili, fini a se stesse: click, guarda, cuora, commenta, passa al post successivo.
Poi finalmente Tlon ha pubblicato un libro, La società della performance, che ha messo nero su bianco tante idee confuse che avevo.
Che cos’è La società della performance? Ti riporto alcuni paragrafi dal libro, che mettono, secondo me, il dito nella piaga, quella piaga aperta di cui avevo scritto nel post sopra citato.
“La società della performance è una società che divora tutto, rende tutto commercializzabile – cioè qualcosa attorno al quale è possibile creare un mercato, fare marketing, hype.”
“Non esiste più differenza netta tra chi è famoso e chi non lo è: esistono soltanto infiniti livelli di popolarità. Oggi esistono soltanto performer. Esiste solo ciò che viene esibito.”
“Performance è un termine inglese e deriva dal verbo to perform, che significa “eseguire”. Chi vive nella società della performance è un performer interessato allo sviluppo del proprio progetto. Non lo è solo in ambito lavorativo, ma in ogni momento della sua vita. Desidera avere prestazioni sempre migliori, immaginare che domani sarà più di quello che è adesso. E per avere una performance migliore domani, oggi ha bisogno di un pubblico che lo guardi, dunque deve fare di tutto per essere visibile.Di conseguenza il tempo lavorativo e il tempo libero non sono più realmente separati […].”
“Se è vero che l’essere umano è un animale sociale, allora la società della performance sfrutta il suo bisogno di relazione e condivisione per renderlo un indefesso produttore di contenuti.”
“La corsa continua all’accumulo di performance è una sostanza stupefacente che dà dipendenza, tolleranza e assuefazione, ma non ti fa mai percepire la pienezza della vita, la meraviglia, il senso. ”
Come micro-attività ci ritroviamo incastrat* spesso nel gioco della performance, a correre dietro ai numeri, alla visibilità, al contenuto per il contenuto, nella disperazione di raggiungere il “livello successivo” (più fan, più vendite, più fama) come se stessimo giocando a un videogioco (e qui ti invito a leggere anche The game di Baricco) e non cercando di costruire il nostro futuro, con un lavoro che possa finalmente redimerci dall’essere parte delle solite statistiche: disoccupat*, inoccupat*, neet, cassaintegrat*, sfruttat* dal mondo del lavoro.
Chi sceglie di intraprendere un percorso imprenditoriale non può farsi incastrare in queste logiche svianti, perché oggi meno che mai (sicuramente meno di ieri) possiamo permetterci di perdere di vista i nostri obiettivi, ovvero creare un’attività creativa che funzioni e lo faccia nei NOSTRI termini. Il libro “La società della performance” non dà soluzioni definitive, invita alla riflessione e alla ricerca, è una spinta a tornare a “percepire la pienezza della vita, la meraviglia, il senso” e il come lo dovrai decidere tu.
Per quanto mi riguarda, seguirò il consiglio dato dagli autori, ovvero quello di cambiare l’utilizzo dei social, che siano uno strumento per raggiungere scopi, per parlare con le persone e non un buco nero che ci lascia sfinit* e insoddisfatt*.
Oltre alla Società della performance, ti consiglio tutti i social di Tlon (sono su Instagram, Facebook, Twitter) perché sono davvero bravi, fanno filosofia di strada, come la chiamano loro, affrontano argomenti di vario genere e forniscono sempre cibo per la mente, cosa rara di questi tempi!
Questo post è tratto dalla newsletter del 24/01/2019. Iscriviti subito per ricevere email come questa!